Giovedì 15 febbraio nell’Istituto Epifanio Ferdinando di San Pancrazio Salentino, in occasione del “Giorno del ricordo”, le classi 3AMM e 5AMM hanno avuto modo di partecipare ad un incontro con Giovanni Nardin, coordinatore dell’Unione degli Istriani di Puglia, e l’Assessore alla cultura dott.ssa Antonella Fontana. Giovanni è solito girare nelle scuole per raccontare della strage di Vergarolla del 18 agosto 1946 che ha causato la morte della sua famiglia e di molta altra gente. La strage ebbe luogo sulla spiaggia di Vergarolla (Pola), dove si sarebbero dovute tenere le tradizionali gare natatorie per la Coppa Scarioni. Quel fatidico 18 agosto la spiaggia era piena di bagnanti, tra i quali molti bambini. Ai bordi dell’arenile erano state accatastate – secondo la versione più accreditata – ventotto mine anti sbarco – per un totale di circa nove tonnellate di esplosivo. Alle 14,15 l’esplosione di questi ordigni uccise diverse decine di persone, alcune rimaste schiacciate dal crollo dell’edificio della “Pietas Julia” e altre addirittura “polverizzate”. Tra i morti quasi un terzo erano bambini o avevano meno di 18 anni. Il boato si udì in tutta la città e da chilometri di distanza si vide un’enorme nuvola di fumo, e i soccorsi furono complessi e caotici. Non si riuscì quindi a definire l’esatto numero delle vittime, tuttora controverso. Dopo l’introduzione fatta da Giovanni si è avuta la fortuna di poter sentire la testimonianza della signora Iolanda Micheletti, moglie di Geppino Micheletti di cui Giovanni è pronipote. Proprio Giovanni lo definisce come un “eroe di Vergarolla” poiché il giorno dell’esplosione l’ospedale cittadino “Santorio Santorio”, dove Geppino lavorava come dottore, divenne il luogo principale della raccolta dei feriti: per più di 24 ore consecutive non lasciò il suo posto di lavoro operando su una moltitudine di pazienti. La signora Iolanda ricorda ancora quel giorno, in cui i suoi figli erano andati proprio al mare di Vergarolla con i cognati: si vociferava che fossero presenti sulla spiaggia delle mine e che però le stesse fossero state disinnescate; decisero perciò di raggiungere ugualmente la spiaggia, non sapendo però che non avrebbero mai più fatto ritorno a casa. Iolanda nel video racconta che “da un momento all’altro si sentì come un terremoto e i vetri delle finestre caddero in mille pezzi”; il marito le disse di correre a Vergarolla perché era appena successa una disgrazia. Arrivata sul posto, cercò i suoi figli senza trovare nulla finché non andò a controllare nella cappella: è proprio lì che, sotto la croce, vide il suo piccolo con il viso sorridente, con braccia e gamba rotte e un buco nella pancia. Quest’incontro ha toccato in modo particolare i ragazzi e i professori all’ascolto, e permesso loro di riflettere con la giusta sensibilità e la giusta attenzione che un tema così delicato comporta. La speranza è sempre la stessa, che tragedie come queste smettano di accadere.
3AMM